Una volta ciò che accadeva nel mondo era importante, agitava le coscienze e perfino la lotta politica. Ho ancora un nitido ricordo di quando, da studenti, sfilavamo per il disarmo nucleare, o organizzavamo dibattiti sulla vicenda dei desaparecidos argentini (le matite spezzate). Il senso era che la riflessione su ciò che accade altrove è anche riflessione sulla società in cui viviamo, ben prima che arrivasse la globalizzazione già pensavamo (ed in questo la sinistra ed il pensiero marxista è stato certamente precursore) che non è possibile pensare di elaborare un progetto politico chiuso nei confini di uno stato. Ma anche che il tema della libertà civile, ad esempio, violata da una dittatura sudamericana, era un monito anche per noi, così come il tema della segregazione razziale in Sudafrica.
Oggi invece i temi internazionali vengono estrapolati da una prospettiva politica, ho l'impressione che non riusciamo a riflettere su di essi ma solo a pronunciare un po' di giudizi retorici, considerarli alla stregua di spettacoli televisivi, e sempre senza che da essi nasca la decisione di un fare, un fare vero, che coinvolga la politica.
Il mondo pare bruciare per gli odi interreligiosi, il terrorismo che colpisce ovunque, e l'occidente intero che manifesta per affermare che la libertà di stampa è uno dei principi fondamentali dei nostri sistemi democratici.
Tutto questo non ha niente a che fare con la politica? Non ha a che fare con la politica estera delle più importanti nazioni europee e degli Stati Uniti quello che è successo nell'ultimo anno in Iraq, in Siria ed in Africa? Dopo i decenni del colonialismo non avremmo potuto pensare ad una relazione diversa con i paesi che fino alla fine del secolo scorso chiamavamo “Terzo Mondo”?
Ma soprattutto, si può parlare del terrorismo, dell'odio fanatico, senza pensare affatto a quali sono le condizioni economiche di tutto il medio oriente, del Niger, della Nigeria, quali sono le politiche di inclusione che davvero sappiamo attuare in Italia, Francia o Inghilterra, di come è organizzato il nostro sistema formativo? Se la politica si fosse occupata delle condizioni di vita di questi popoli e di queste generazioni forse non se ne sarebbe occupata la religione, o comunque il suo modo di affrontare questi temi non sarebbe stato credibile. Invece, anche in Italia, quale è la risposta politica? Abbiamo fatto le espulsioni, stiamo cacciando gli Imam cattivi. Ok, ma in Siria cosa vogliamo fare? Abbiamo una posizione vera? Le due ragazze italiane rapite avevano certamente rapporti con gruppi di ribelli che stanno combattendo il regime di Assad. Mi sembra che abbiano fatto una scelta coerente con l'occidente e con i nostri valori, con la difesa delle libertà democratiche, a differenza dei governi europei che invece sembrano non riuscire a schierarsi.
Il tema degli attacchi terroristici, dunque, piuttosto che un'occasione per l'ennesima parata in cui al posto dei muscoli militari mostriamo i muscoli mediatici, può essere l'occasione per riflettere sulla reale condizione della nostra democrazia, e sul fatto che nonostante la crisi, la povertà e la disoccupazione, non abbiamo fatto alcuna modifica reale al modello economico ed alle sue regole.