- La rivelazione del fatalismo. È riassunta nella diffusione della frase “Andrà tutto bene”. Una frase senza senso. Il suo successo nasce da un paio di motivazioni. La prima, semplice e naturale, comprensibile, è il nostro bisogno di sperare, di farci coraggio, quando avvertiamo il pericolo vicino a noi. Ma la seconda motivazione sta in un male di cui è intrisa la nostra società, in questi tempi, il fatalismo. Più precisamente quella forma di fatalismo che serve a deresponsabilizzarsi. Così, ci ripetiamo andrà tutto bene, ma dato che i morti si contano a migliaia, sottintendiamo “andrà tutto bene, a noi”, perchè bene non sta andando affatto.

- L'urlo di rabbia del sindaco di Delia ha squarciato perfettamente questo velo di fatalismo, quando ha gridato ai suoi concittadini “ma come andrà tutto bene se...” ed ha cominciato a ricordare i comportamenti sbagliati di ciascuno. Ecco, l'antidoto al fatalismo, è la responsabilità, è l'introduzione di quel “se” dopo la frase, l'introduzione di un pronome che spezzi l'impersonalità, “andrà tutto bene se noi/tu/tutti...”. Altrimenti, somministriamo anestetici di massa, frasi di un ottimismo vuoto, offensive per tutti quelli che non ci sono già più, che hanno perso i cari, per i quali “tutto” non andrà bene di certo. E se il virus svela la nostra assuefazione alla mancanza di responsabilità, la nostra abitudine a confidare in modo cieco in un futuro che si farà da solo,  l'antidoto è cercare la propria parte in quel futuro, decidere in che misura dipende da me.

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