- Il virus della rimozione. Credo appartenga allo stesso ceppo del virus del fatalismo, ma è più preciso, colpisce organi specifici. Precisamente colpisce i sensi che ci consentono di vedere il dolore, in particolare la morte, e poi attacca i ricettori che dalla visione della morte portano all'anima (si può dire questa parola, ogni tanto, per indicare che c'è qualcosa di profondo nell'uomo, che lo congiunge all'infinito?) un senso più completo della vita. Da anni ci ripetiamo che abbiamo rimosso la morte dalla nostra esperienza quotidiana. Soprattutto la morte degli anziani. L'abbiamo ospedalizzata, si dice, cioè spostata in luoghi asettici, le case di cura, gli ospedali.
- C'è qualcuno che sa curare i corpi dei nostri morti, vestirli, esporli, magari in luoghi appositi, ormai, non in casa. Qualche ora, così, e la vita può riprendere rapidamente. La pandemia del covid-19 ha sganciato il virus della rimozione su di noi come gli americani la bomba su Hiroshima. Vediamo centinaia di malati nei letti d'ospedale, ma nemmeno un uomo morto. Nemmeno i loro familiari possono vederli, si è compiuta la nemesi della rimozione della morte, in modo totale. Nemmeno la pietà di un rito di saluto, si dice, ci diciamo. Già, nemmeno questa, per ragioni sanitarie. Ma cosa vieterebbe di esprimere pietà per i morti ai personaggi televisivi, ai big di sport e spettacolo, invece di continuare solo a cantare, a mostrarsi sorridenti a casa, comodi come molti di noi? Ecco, la pietà, è affiorata, nelle parole ma anche nei gesti che le hanno accompagnate, nei discorsi del Papa, del Presidente Mattarella, poi al massimo un ricordo delle vittime, “cui va il nostro pensiero”. Non è vero, le vittime da cui scappa il nostro pensiero, perchè non vogliamo confrontarci con questa realtà. Eppure non sarebbe macabro, non ci renderebbe più depressi, ci farebbe essere solo più umani, più vivi.
Le società che si confrontavano a tu per tu con la morte sapevano godersi la vita, perchè la morte terrena non è l'alternativa alla vita, ma una sua parte, la vita è di più.