La casa dei cantastorie è un sogno che si avvera.
Un sogno che con Giovanni Calcagno coltiviamo da anni, quello che ci fosse, a Paternò, un luogo in cui si potessero raccogliere e mostrare tutti i materiali che parlano dei cantastorie di Paternò, ma anche in cui l'arte dei cantastorie continui a vivere, con un lavoro di ricerca, rielaborazione, studio, produzione, creazione. Questo dovrà essere la Casa del Cantastorie che nasce il 14 febbraio 2014. Un luogo moderno, in cui materiali audio e video sono consultabili accanto ai vecchi tabelloni dei cantastorie logorati dalla vita, dai portabagagli delle 600 e dalle corde con cui erano fissati stretti per i viaggi non agevoli per le strade della Sicilia.
I cantastorie sono stati una grande espressione dell'arte popolare, cioè di quell'arte che non solo sa parlare la lingua del popolo, ma che dal popolo viene prodotta. Perchè i cantastorie sono contadini, operai, autodidatti, che con la loro voce, la chitarra e le immagini che portano (ed anche la mescolanza di parola, musica e immagine è uno specifico del linguaggio popolare) offrono al pubblico spontaneo delle piazze una lettura del mondo contemporaneo, dai fatti di cronaca agli episodi di vita quotidiana alle grandi narrazioni della storia.
I cantastorie di Paternò, poi, di quella straordinaria arte sono stati i più grandi interpreti, e la documentazione che sarà esposta darà una prova chiara dell'importanza di artisti come Busacca, Rinzino, Santangelo.
Allora nella Casa del Cantastorie potremo riflettere sull'importanza per un popolo di possedere una lingua, per avere una storia, e sulla storia di oppressione e riscatto dei siciliani del '900, che fu affrancamento dalla schiavitù delle miniere e della terra, ma anche dalla schiavitù della perversa alleanza tra padroni e mafia, e soprattutto dalla schiavitù dell'ignoranza che rende muti.
Ma tutti i sogni, si avverano meglio se sono sognati in tanti. E questo sogno lo abbiamo sognato in tanti, tutti quelli che in questi anni hanno curato e trasmesso la memoria dei cantastorie, consegnandola anche alla mia generazione, che altrimenti l'avrebbe conosciuta in modo sbiadito e lontano. In primo luogo le famiglie dei Busacca o di Rinzino (nome d'arte, si sa), e poi gli uomini di cultura che hanno scritto dei cantastorie, e a loro va un grazie, ancora, per una città che dalla sua cultura può crescere ogni giorno un po', e da nient'altro.