di John Berger
Il tema non è originale: il tempo passa, e trasforma ogni cosa. Il romanzo di Jennifer Egan si concentra solo su questo, sulla consapevolezza che il tempo passa, che ciò che oggi esiste contiene la sua fine o la sua trasformazione, e ciò che accadrà tra vent'anni è già scritto in ciò che viviamo. Ma il pregio del libro è nel concentrarsi in modo ossessivo su questa coscienza, non fermarsi a constatare che il tempo scorre, ma ricordarci ossessivamente che oggi più che mai la contemporaneità tra presente, futuro e passato ci serve, come parametro delle nostre azioni, per capirle, misurarle. Perché oggi di più la dimensione del tempo rischia di sfuggirci, e la Egan lo mostra con i linguaggi del libro, dalla brevità degli sms alla densità analogica delle slide. Che il tempo sia un bastardo poi è una conclusione affrettata, che vale solo se pensiamo che il presente sia meglio del futuro, e che il trascorrere del tempo sia di per sé una sciagura. Non è così, il tempo può essere un bastardo o un amico, qua il romanzo è debole, perché tutti i protagonisti invecchiano peggiorando, diventano rottami, grotteschi replicanti dei giovani rampanti che furono, i tatuaggi si afflosciano sui muscoli cadenti. La vita è un'altra cosa. Ma questo romanzo, pure con qualche capitolo di troppo, ha il merito di dimostrare che esiste ancora la letteratura, cioè quella splendida invenzione dell'uomo grazie alla quale esprimiamo pensieri, dubbi, emozioni, usando le parole e trasformandole in storie..