Fratelli. Una parola che suona meglio al plurale. Al singolare sa di appellativo un po’ ironico un po’ troppo confidenziale.

Subito dopo le categorie della maternità e paternità, quella della fratellanza/fraternità è forse la più antica e perenne della condizione umana, trasformata nei secoli e nelle civiltà insieme all’uomo ed alla sua cultura.

La condizione del fratello richiama all’orizzontalità ed alla reciprocità, come la linea dell’albero genealogico che li unisce, i fratelli sono sempre sullo stesso piano, legati a quella linea orizzontale anche quando, come sperava un nostro illustre progenitore, vorrebbero cancellare o ignorare il vincolo di fratellanza (“sono forse il custode di mio fratello?”). Come accade alle categorie antropologiche più profonde, anche per la fratellanza si opera uno spostamento culturale e il legame puramente naturale viene elaborato assumendo significati più ampi e profondi, la fratellanza diventa appartenenza ad una comunità, umana, patriottica, sociale, diventa simbolo di uguaglianza e responsabilità.

Francesco di Assisi è riuscito con semplicità a dimostrare che fratello era un’affermazione teologica, un modo di declinare il rapporto tra gli uomini alla luce dell’esistenza e dell’amore di Dio.

Oggi la parola fratello è in drammatico declino, come confermano molti, diversi, e tutti preoccupanti, segnali.

I fratelli si definiscono in virtù dell’esistenza della paternità, perciò i fratelli che appartengono alla stessa generazione si distinguono dai padri, cioè dalla generazione precedente, e possono amarla o contestarla, i fratelli della stessa nazione, per esempio i fratelli d’Italia, si definiscono in virtù della “madre Patria” che li accomuna. Ma oggi il senso della paternità è sparito dall’orizzonte dei rapporti umani. Vi è stato un primo passaggio dalla paternità/maternità alla fratellanza, la generazione del “mia mamma è per me una sorella…”, e poi a quello all’amicizia “i miei genitori sono i miei migliori amici…”. Svaniti padri e madri i fratelli non si riconoscono più, persi in una enorme società di amici, vicini e contatti, in una rete che a volte unisce e più spesso cattura. La cultura dei “papi” (nel senso dei papi-protettori-berluschini) ha soppiantato quella dei padri, ed è chiaro che i mille figli di papi non possono riconoscersi come fratelli, né frati. Anche le stupide polemiche sull’inno d’Italia sono il riflesso di questa dis-appartenenza, non si tratta solo di affermare autonomia politica, di rivendicare più risorse fiscali, ma soprattutto di non riconoscersi più come fratelli d’Italia. Semmai vicini, con-finanti, federati.

Competizione. L’affermazione globale della competizione come strumento di regolazione della vita umana, naturalmente è il segno della sconfitta di ogni idea di fraternità ed orizzontalità. Il mondo oggi si riconosce in strutture verticali, che negano già fisicamente il concetto della fratellanza.

Cancellata con un pizzico di disgusto l’idea dell’uguaglianza, che non piace a nessuno, perché tutti vogliamo distinguerci, possedere cose, compiere azioni, avere atteggiamenti UNICI, ben presto abbiamo messo in soffitta quella di fraternità, dovrebbe essere il turno della libertà. Allons enfants, alors, allons.

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